LA NUOVA SARDEGNA 22 LUGLIO 2014
di Fabio Canessa
LA MADDALENA. Quattro anni fa si è tolto la grande soddisfazione di tornare da Cannes con la Palma d’oro come miglior attore (per il film “La nostra vita” di Daniele Lucchetti”). Non il solo riconoscimento per Elio Germano – tra i protagonisti più attesi della prossima stagione cinematografica per il ruolo di Giacomo Leopardi in “Il giovane favoloso” di Mario Martone – che ora si prepara ad aggiungere un altro premio alla sua bacheca: il Premio Gian Maria Volonté, dedicato al grande attore scomparso nel 1994 che ventisette anni prima di Germano aveva ricevuto lo stesso riconoscimento come miglior interprete maschile a Cannes. La cerimonia di consegna è prevista per mercoledì 30 luglio, ma Elio Germano è già da ieri alla Maddalena per tenere un master di recitazione. Guidati nelle varie edizioni da Toni Servillo, Paolo Rossi, Pierfrancesco Favino e Sonia Bergamasco, i laboratori sono diventati una delle caratteristiche del festival “La valigia dell’attore” organizzato dall’associazione Quasar. «Sono molto contento di essere qua, sono già stato al festival in altre vesti e mi fa piacere tornarci per condurre questo laboratorio. Sarà una settimana molto intensa».
Il corso ha un titolo particolare: “allenamento traumatico al provino”.
«Si tratta di un seminario che faccio da un po’ di tempo in spazi occupati in giro per l’Italia o in scuole di recitazione che me lo chiedono. Anche io ho subito il trauma di uscire dalle scuole e di confrontarsi con il mondo del lavoro, come succede un po’ in tutti i settori. Nelle scuole uno si confronta con delle cose altissime, dei testi di autori importantissimi, con un tempo, un amore, una dedizione che purtroppo nel mondo del lavoro poi non si incontrano più. E soprattutto nella fase dei provini. Si viene trattati come carne da macello, con un minuto per dire la battuta, per poi sapere se si è stati presi o no».
Cosa proporrà agli allievi?
«Il sistema del laboratorio consiste nel lavorare con dei copioni, dei testi scritti molto male. Diversi da quelli che si incontrano nel percorso della scuola, ma che invece si trovano nel mondo del lavoro. L’allenamento è traumatico per questo, una specie di flash sul mondo del provino con il quale i ragazzi si confronteranno, glielo auguro, non appena finita la scuola. È una palestra pragmatica di possibili soluzioni per arrivare più pronti ai provini, per farsi traumatizzare il meno possibile».
Ha avuto delle esperienze “traumatizzanti” in qualche provino a inizio carriera?
«Tante. Ho fatto una scuola teatrale, ma le prerogative del teatro sono diverse da quelle del cinema. Il trauma più grosso l’ho conosciuto lì. Ho imparato il linguaggio diverso dell’audio-video sui miei errori. I provini sono sempre umilianti e frustranti. Tanti anni a fare ore e ore di file, come i miei colleghi, magari per una pubblicità, con pochi secondi di tempo per la battuta che devono dire tutti, provando a dimostrare il tuo valore in un lampo. Nelle scuole si vive un momento di protezione, in cui ti confronti con degli artisti. Un conto però è la preparazione, un conto poi la situazione pratica che uno deve affrontare».
È alla Maddalena anche per il Premio Volonté. Che effetto fa, a chi svolge il suo mestiere, ricevere un riconoscimento intitolato a uno dei più grandi attori di sempre?
«Ovviamente dal punto di vista dello spettatore, anche per me Volonté è una figura inarrivabile. Però non voglio fermarmi a parlare dell’attore che conosciamo tutti, ma sottolineare l’impegno e l’amore di Giovanna Gravina e di chi l’aiuta nell’organizzare questo festival che rispecchia l’umanità di Gian Maria Volonté».
Ma c’è un film con Volonté, una sua interpretazione che porta nel cuore?
«Davvero non voglio appiattire questo discorso dietro il fanatismo di una performance attoriale. Mi interessa di più l’aspetto umano, il fatto che non rinunciasse mai ai suoi pensieri, alle sue idee. Questo fa di lui un attore differente, per tanti ancora oggi un punto di riferimento».
Volonté ha più volte interpretato personaggi realmente esistiti. A lei adesso è capitato di vestire i panni di Giacomo Leopardi. Come si è preparato al ruolo?
«Ho avuto la fortuna di avere del tempo. Ho fatto mesi di preparazione, di studio sui testi, sulla sua grafia, sui luoghi della sua vita. Grazie ai più grandi studiosi di Leopardi, viventi e non. Per me è molto importante, più del risultato, questa possibilità che mi ha dato il cinema di confrontarmi con un personaggio di questa grandezza».
Martone ha dichiarato di aver subito pensato a lei per il film, che senza non lo avrebbe. Una bella responsabilità.
« Sicuramente l’avrò disattesa. Non posso lavorare pensando alle responsabilità, soprattutto per un personaggio del genere. È talmente noto, conosciuto, amato che l’unico modo di affrontarlo era per me non aderire all’immaginario degli altri, ma costruire un’interpretazione personale».