Boris Sollazzo
Maddalena, Luglio 2009. Al festival “La valigia dell’attore” diretto da Giovanna Gravina Volontè, Elio Germano, insieme a Paolo Rossi e a buona parte della nuova “generazione di fenomeni” (c’erano anche, tra gli altri, Favino e Mastandrea, che ieri sera gli ha organizzato una festa a sorpresa al Conte Staccio di Roma) va sulla tomba di Gian Maria Volontè. Composto ed emozionato, insieme agli altri due, sembrava un passaggio di consegne. E lui, del grande Volonté ha la stessa vibrante passione, che a ogni ruolo sembra scuoterlo, anche fisicamente.
Semplice e determinato, pieno di talento ma anche disponibilità umana, Germano è stato eccezionale con Luchetti ( Mio fratello è figlio unico ma, soprattutto, La nostra vita ), e non solo. Non ha paura dei ruoli più disturbati e disturbanti, da Nessuna qualità agli eroi di Paolo Franchi agli eccellenti Il passato è una terra straniera di Daniele Vicari e Tutta la vita davanti di Paolo Virzì. Per non parlare di come lo ha (mal)trattato Salvatores con Quo vadis, baby e Come dio comanda . Neanche 30 anni e tanti film di cui andare orgoglioso, un David di Donatello e una Palma d’Oro come miglior attore, 23 anni dopo Mastroianni, 27 dopo Volontè, 29 dopo Tognazzi.
«Dedico il premio all’Italia e agli italiani che fanno di tutto per rendere l’Italia un paese migliore, nonostante la sua classe dirigente». L’hanno sentito in tutto il mondo, tranne che al Tg1. «Mi è stato assicurato da Vincenzo Mollica che è stato errore tecnico. A me, ovviamente, è stato riferito di questo disguido, purtroppo e per fortuna non ho seguito la cosa, in ogni caso sono sfiduciato sul ruolo del giornalismo in questo momento storico – interviene Germano a 24 ore dalle polemiche -. Il punto è un altro, sarei stato contento che si seguisse il festival e si celebrasse il premio, invece ogni cosa diventa il pretesto per montare una polemica. Volevo solo ricordare che l’arte italiana tiene al paese che spesso è accusata di ferire. Soprattutto al paese che lavora bene e si fa amare».
Un’arte, un cinema, che continuano ad essere amati solo all’estero?
Ho scoperto con sorpresa l’invidia dei francesi per la capacità che abbiamo di interrogarci sul nostro paese, sullo stato presente. Una qualità che loro sentono di non avere, e ne soffrono. La nostra vitalità volevo rivendicarla, perchè mi dà fastidio che i politici vadano solo alle partite di calcio ad alzare coppe, e invece Cannes non interessa. Ecco perchè si pensa alla mia dichiarazione e non al premio. Ma la polemica serve a nascondere i problemi reali, è sempre così.
Eri emozionato dall’avere come ex aequo Javier Bardem. Non ti pesa la coabitazione?
M’hanno chiesto in molti se mi sentivo dimezzato, ma scherziamo? Vale il doppio un ex aequo con Bardem! Lo stimo da fan dai tempi di Bigas Luna. E’ uno che ama il suo lavoro, è una bella persona e un grande artista. Mi è stato molto vicino in conferenza stampa, mi ha aiutato a uscire dallo choc, poi abbiamo parlato di tutto, ci teneva a capire bene cosa ci fosse dietro le mie parole.
Giovanissimo, classe ’80. Hai già vinto molto, hai girato con grandi registi. Tempo di bilanci?
La tentazione, vista la cifra tonda, c’è. Ma questo non è un riconoscimento che riguarda solo me. E’ un premio al film, a una troupe fatta d’eccellenze e al paese. Io sono un lavoratore dello spettacolo e spero che questo premio sia un volano per l’Italia e che la cultura ne esca fortificata, per un futuro migliore. Del paese e quindi anche mio. Non penso ad andare a lavorare all’estero, non penso a obiettivi personali, spero piuttosto che si ricominci a credere nel cinema di qualità, nell’orgoglio di lavorare in una certa maniera.
Avresti mai pensato che due “fasci” ti avrebbero portato tanto in alto?
Accio era di destra, ma Claudio secondo me non vota. Certo, sono molto lontani da me entrambi. Ma in questo mestiere raccontarsi non vale.
Le domande più strane che ti hanno fatto dopo questo premio?
Una pochissime ore fa. C’erano 4 o 5 giornalisti sotto casa mia e mi fanno: “perchè hai scelto di vivere a Corviale?” Che assurdità, come se uno scegliesse dove andare a vivere per vezzo. Questa è una cosa che dice molto su cosa si pensa in Italia del mondo dello spettacolo. All’estero ti stupiscono, invece, perchè sono curiosi, e ti costringono a pensare. Il festival, in questo senso, è un terreno di confronto bellissimo.
Non sarà l’ennesimo alibi per la politica questo premio?
Sentiamoci forti, questo ho detto ieri. La collettività la si costruisce dal basso, sul posto di lavoro. Ritroviamo l’orgoglio del noi, della collettività. Se ci fosse stato il centrosinistra al governo, io avrei detto le stesse parole, perché molte categorie, anche i sindacati, si sono allontanate dal cittadino, non c’è più partecipazione, la distanza persone-istituzioni ormai è enorme. E se fai azioni di volontariato, vai per le strade, fai qualcosa di diverso diventi subito eversivo, tutte le attività “esterne” vengono represse dai partiti. Ci sono blocchi di potere e di controllo che bloccano chi vuole disobbedire.
E voi attori, in merito, cosa state facendo?
Noi stiamo facendo “Artisti 7607”, nata come rete di autoinformazione. Il nome viene dalla data di approvazione dello statuto europeo dei lavoratori dello spettacolo, che dice cose che ci piacciono molto. Vorremmo inserirci nei tavoli delle trattative, per dare voce al nostro pensiero. Abbiamo scritto un appello a Napolitano, siamo stati ricevuti dalla commissione cultura per parlare dell’Imaie (Istituto per la tutela dei diritti degli artisti, interpreti ed esecutori), e ci siamo resi conto che non sapevano neanche cosa fosse! C’è una necessità di informazione, di autoconvocazione, di non delegare la propria rappresentatività, di agire direttamente.
L’sms o la telefonata di congratulazioni più inaspettata? Quella di Bondi?
Bondi non m’ha chiamato (ride, ndr). Mi ha chiamato Carlotta Moratti, siamo amici, facendo riferimento allo scudetto dell’Inter. Voleva consolarmi dicendo che era uno scambio equo quello della Palma d’Oro a me e lo scudetto a loro. Che era la mia Champions League. Ma mica lo so… |